Ogni anno in Italia oltre 430 mila persone si trovano a dover affrontare la terribile realtà di una diagnosi oncologica, che sia essa riguardante una neoplasia solida o un tumore del sangue. Questo fenomeno si traduce in più di 3,7 milioni di pazienti che vivono con tumori solidi nel nostro Paese, di cui circa 2 milioni possono definirsi malati cronici, richiedendo un’assistenza sanitaria prolungata e specializzata. In un’ottica di migliorare le condizioni di cura, è stato presentato un innovativo Pdta , mirato a integrare le strutture ospedaliere con il sistema territoriale. Questa iniziativa è destinata a ripensare l’assistenza oncologica in Italia e a garantire un maggiore supporto ai pazienti.
Il nuovo Pdta, recentemente presentato in Regione Lombardia, è stato frutto di un convegno organizzato dal Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università statale di Milano, in sinergia con l’Associazione Periplo. Durante l’incontro, hanno preso parte clinici, pazienti e membri delle istituzioni sanitarie, tutti uniti dalla volontà di rinnovare l’approccio all’assistenza ai malati di cancro. Daniele Generali, a capo dell’Unità multidisciplinare di Patologia mammaria dell’Asst di Cremona e principale autore del progetto, ha sottolineato l’importanza di “sintonizzare” il sistema sanitario sui nuovi bisogni assistenziali. L’aumento dei casi di cancro, infatti, implica la necessità di considerare il cancro come una malattia cronica, talvolta anche guaribile. Con più di 1.000 nuovi casi ogni giorno e oltre 35 mila diagnosi annuali di neoplasie ematologiche, il sistema sanitario nazionale si trova di fronte a un’importante sfida.
L’iniziativa pilota in Lombardia
Il nuovo Pdta trae origine da un progetto pilota promosso dall’Asst di Cremona all’interno del programma Smart Care. Questo percorso ha visto il coinvolgimento di donne con tumore mammario, offrendo la somministrazione di trattamenti anche al di fuori delle strutture ospedaliere. La Regione Lombardia ha dato il suo supporto, permettendo di somministrare alcune terapie croniche anticancro in farmacia. A tal proposito, il professor Generali ha riferito che “i primi dati hanno indicato un alto livello di soddisfazione da parte dei pazienti, oltre a una riduzione delle richieste di legge 104 da parte dei familiari.” Anche gli indicatori relativi alla qualità della vita delle pazienti hanno mostrato significativi miglioramenti. Questo esempio di Cremona si profila come un modello replicabile, dimostrando che riorganizzare i servizi sanitari può apportare vantaggi enormi.
Creare un modello organizzativo sostenibile
Ezio Belleri, direttore generale dell’Asst di Cremona, ha parlato dell’importanza di sviluppare un modello assistenziale che possa ottimizzare le risorse e garantire un’adeguata assistenza ai pazienti oncologici. Questo approccio prevede un coordinamento accurato tra i vari soggetti coinvolti nel processo di cura, migliorando l’organizzazione dei servizi sanitari sul territorio. L’obiettivo è quello di definire quale sia il miglior setting di cura in grado di assicurare elevati standard di assistenza, comprendendo anche l’ottimizzazione delle risorse disponibili e punteranno sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. È cruciale, secondo Belleri, considerare che in certe circostanze, le necessità dei pazienti oncologici possano essere soddisfatte meglio con assistenza territoriale, piuttosto che all’interno delle strutture ospedaliere.
L’importanza dell’integrazione e la sfida sociale
La questione dell’integrazione tra ospedale e territorio è stata sottolineata anche dal professor Gianluca Vago, direttore del dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia dell’Università degli Studi di Milano. Ha evidenziato che le nuove normative, come il Dm 77 e il Pnrr, evidenziano un bisogno crescente di rivedere l’intera architettura del sistema sanitario. Non si tratta solo di oncologia, ma di una ristrutturazione generale dei servizi di salute per tutti. Tuttavia, i recenti avanzamenti nelle pratiche diagnostiche e terapeutiche legate ai tumori hanno aperto a nuove possibilità nel percorso di cura, rendendo necessario un dibattito su come questi sviluppi possano influenzare l’assistenza a lungo termine. Il progetto pilota di Cremona rappresenta quindi un’importante opportunità da estendere in altre realtà del Paese, continuando a mantenere il focus sulla qualità dell’assistenza e sull’integrazione tra i diversi livelli di cura.